Diritto del lavoro

Diritto del lavoro

Tutela e protezione del collaboratore nell’impresa familiare

L’art. 230 bis del Cod. Civ. prevede espressamente che, salvo che sia configurabile un diverso rapporto di lavoro, il familiare che presti in modo continuativo la propria attività di lavoro nella famiglia o nell’impresa familiare abbia diritto: a) al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia; b) alla partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato; c) al diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimento d’azienda.

La norma in commento precisa, inoltre, che il diritto di partecipazione agli utili dell’impresa familiare possa essere liquidato in danaro alla cessazione, per qualsiasi causa, della prestazione di lavoro oltre che in caso di alienazione dell’azienda.
Questi, in sintesi, i diritti del familiare derivanti dalla partecipazione all’impresa familiare.
In questa sede si vuol approfondire il tema della validità delle eventuali transazioni e rinunce che abbiano per oggetto i sopra citati diritti del collaboratore familiare.

Può ritenersi valida, ad esempio, una semplice scrittura privata sottoscritta fra il familiare titolare dell’impresa ed il collaboratore familiare in forza della quale quest’ultimo, alla cessazione della propria prestazione lavorativa, rinunci al proprio diritto alla liquidazione degli utili dell’impresa familiare ?

La risposta a tale quesito deve ritenersi negativa. Secondo la dottrina e la giurisprudenza dominante, infatti, al collaboratore familiare è riconosciuto il regime di protezione previsto dall’art. 2113 Cod. Civ. a favore del prestatore di lavoro subordinato.
Tale norma prevede, in particolare, che le rinunce e le transazioni del dipendente, aventi ad oggetto diritti previsti da norme inderogabili di legge o dai contratti collettivi, siano valide – e quindi non impugnabili – se e solo se sottoscritte in determinate sedi (cd. “sedi protette” ovvero conciliazione in sede amministrativa, sindacale o dinanzi all’Autorità Giudiziaria).

In ragione di quanto sin qui detto, dunque, non sono valide le rinunce e le transazioni riguardanti i diritti di partecipazione all’impresa familiare se, come dispone l’ultimo comma del citato art. 2113 Cod. Civ., esse non siano state effettuate, in ordine ad una lite insorta, in sede di conciliazione giudiziale conclusa innanzi al giudice del lavoro, ovvero, in caso di controversia non ancora instaurata, in sede di conciliazione conclusa avanti apposita commissione presso l’ufficio provinciale del lavoro o in sede di sindacale.

Le rinunce e le transazioni del collaboratore familiare fatte al di fuori delle sedi sopra citate (cd. “protette”) sono, pertanto, invalide e dunque impugnabili ai sensi e nei termini di cui all’art. 2113 Cod. Civ.