Newsletter Marzo 2022
Reato di esercizio abusivo di intermediazione finanziaria e concorso con il reato di truffa
L’abusivismo finanziario è una fattispecie di reato regolata dall’art 166 del Testo Unico delle disposizioni in
materia di intermediazione finanziaria (TUF, d. lgs 24 febbraio 1998, n. 58), il quale prevede la reclusione da
uno a otto anni e la multa da euro 4.000 a euro 10.000 per coloro che, pur non essendo in possesso
dell’abilitazione richiesta, svolgano nei confronti del pubblico attività finanziaria. Si tratta, in buona
sostanza, di un reato commesso dagli intermediari finanziari cui si affidano gli investitori, laddove, pur in
assenza di specifica abilitazione, svolgano attività finanziaria nei confronti del pubblico. Il bene giuridico
tutelato dalla fattispecie in esame è il corretto funzionamento del mercato, salvaguardandolo da chi operi in
tale settore senza averne autorizzazione nell’interesse degli investitori e dei consumatori. Trattandosi di un
reato di pericolo, esso si perfeziona con il semplice conferimento dei poteri ad un soggetto non abilitato a
prescindere dalle modalità di gestione abusiva dei fondi allocati e dagli eventuali danni arrecati al patrimonio
del consumatore o dell’investitore. La Suprema Corte, con una sentenza del 16 gennaio 2015, ha inoltre
precisato che ai fini della configurabilità del reato in esame, è richiesto che l’attività finanziaria abbia
carattere di professionalità (non deve, pertanto, essere esercitata solo occasionalmente) e che sia diretta ad
una clientela tendenzialmente indeterminata 1 .
L’abusivismo finanziario si distingue dal reato di truffa, previsto dall’art 640 c.p., il quale punisce con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a euro 1000 chiunque inducendo taluno in errore con
artifizi o raggiri procuri a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno. Il bene giuridico tutelato dalla
norma è il patrimonio del singolo, oltre che l’interesse alla libera formazione del consenso. Si tratta, in
questo caso, di un reato di danno e si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica
da parte dell’autore abbia fatto seguito la diminuzione del patrimonio del soggetto passivo.
Il reato di abusivismo finanziario, talvolta, può concorrere con il reato di truffa. Occorre, a tal proposito,
chiarire alcuni punti di materia generale. La disciplina del concorso di reati è regolata dal Codice penale, nel
quale emerge una distinzione tra il concorso materiale, previsto dall’articolo 71 e concorso formale,
disciplinato all’articolo 81. Il primo caso sussiste laddove un soggetto commetta più reati con più azioni e, a
tale soggetto, verranno applicate tante pene quanti sono i reati commessi. Il secondo caso, invece, si verifica
laddove un soggetto commetta più reati con una sola azione e al suo configurarsi si applica la pena prevista
per il reato più grave aumentata fino al triplo. In questo contesto, occorre inquadrare un’ipotesi peculiare di
concorso materiale di reati regolato dall’art 81 comma 2 c.p., il c.d. reato continuato. Tale ipotesi si
configura laddove un soggetto compia più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso
e commetta di conseguenza più violazioni della stessa o diverse disposizioni di legge. In tal caso, pur
trattandosi di concorso materiale, si applicherà la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.
1 Cass. Pen. Sez. V, sentenza n. 25160, 16 gennaio 2015
Tornando al caso in esame, l’ipotesi di concorso tra il reato di abusivismo finanziario e il reato di truffa è
stata considerata da una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione con la sentenza n.155/2021. In tal
sede, la Corte ha confermato l’ammissibilità di tale ipotesi stante la sostanziale differenza esistente tra le due
fattispecie, in quanto l’abusivismo è reato di pericolo, inteso a tutelare l’interesse degli investitori a trattare
soltanto con soggetti affidabili nonché l’interesse del mercato mobiliare ad escludere la concorrenza di
intermediari non abilitati mentre la truffa, invece, è reato di danno, che, per la sua esistenza, richiede
l’effettiva lesione del patrimonio del cliente per effetto di una condotta consistente nell’uso di artifizi o
raggiri e di una preordinata volontà di gestire il risparmio altrui in modo infedele 2 . Pertanto, essendo
ammissibile il concorso tra le due fattispecie di reato, da un lato si configurerà la truffa in quanto
l’intermediario finanziario privo di autorizzazione con artifizi e raggiri induce in errore l’investitore
procurando a sé un ingiusto profitto consistito nel conseguire la disponibilità delle somme conferitegli
dall’investitore stesso con conseguente danno per quest’ultimo; dall’altro, si configurerà l’abusivismo
finanziario in quanto l’intermediario privo di abilitazione, mediante la sua condotta, esercita abusivamente
un’attività finanziaria. Se ne deduce, dunque, un concorso materiale di reati di cui all’art 81 comma 2 c.p. in
un’ottica di un medesimo disegno criminoso.
2 Cass. Pen., Sez. V, Sent. 5 gennaio 2021 (ud. 24 novembre 2020), n.155